Ecco problemi e piani di Huawei che cerca di reagire all’offensiva trumpiana lanciata anche da Google
Lo schiaffo di Google ad Huawei, che non potrà più utilizzare Android sui suoi dispositivi (qui potete trovare i dettagli su quanto accaduto), apre nuovi dibattiti e soprattutto nuovi scenari. Ecco tutte le novità e le ipotesi sulla questione.
IL PIANO B DI HUAWEI: HONGMENG OS
Partiamo dalla soluzione. Nel momento in cui Huawei dovesse rinunciare ad Android e ad i suoi aggiornamenti, avrebbe già una seconda carta da giocare. Il sistema operativo casalingo si chiama, come rivelato dal giornale cinese in lingua inglese Global Times, HongMeng OS.
La società starebbe lavorando al suo sistema dal 2012 (Android è nato nel 2007) e a confermare tutto questo sarebbe stato, indirettamente, il ceo Richard Yu. Proprio il capo azienda, infatti, in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt del marzo scorso ha raccontato di un eventuale piano B nel caso di un addio da parte di Google.
COME POTREBBE ESSERE IL NUOVO OS?
Poco ancora si sa circa il nuovo sistema operativo, quel che è certo è stato progettato per essere diverso dall’attuale architettura Android. Cosa significa tutto questo? Forse, il sistema Huawei potrebbe non utilizzare i framework Linux + Java così come fatto da Google.
IL PROBLEMA DELL’ECOSISTEMA
E senza dubbio sarebbe una scelta azzardata per chi ha già il compito di dover conquistare il mercato privandosi del sistema che lo domina. La forza di ogni sistema operativo, infatti, è non solo nella gestione del dispositivo ma (e soprattutto) nelle applicazioni che si offrono agli utenti.
Huawei dovrebbe costruire un intero ecosistema. Ed è per questo che il nuovo sistema dovrebbe essere compatibile con gli attuali modelli di progettazione del software Android. In questo modo gli sviluppatori app avrebbero un lavor di gran lunga facilitato.
NUOVI ACCORDI IN CORSO
Che Huawei, comunque, stia lavorando al piano B lo conferma anche il Ceo di Aptoide, lo store online di applicazioni di origine portoghese. La casa cinese potrebbe optare per l’integrazione dello store sugli smartphone Huawei (Aptoide sostituirà il Play Store di Google) o per portare tutto il contenuto di Aptoide nell’App Gallery già presente sui dispositivi cinesi.
“Abbiamo diversi prodotti e dobbiamo capire quale quadro potrebbe o potrebbe non avere senso per Huawei”, ha detto il eo di Aptoide, Paulo Trezentos.
L’azienda vanta più di 900 mila applicazioni per Android e collabora già altri produttori cinesi, come Oppo.
UNA (FINTA) TREGUA?
Intanto, mentre la casa tecnologica cinese cerca una soluzione, il Dipartimento del Commercio ha concesso una licenza temporanea di 90 giorni che permetterà a Huawei di acquistare beni americani per mantenere le reti e realizzare gli aggiornamenti per la sua linea di smartphone, come riporta Reuters. E Google, che potrebbe anche trovare un accordo con Huawei in questo periodo, potrebbe concedere alla società nuovi aggiornamenti agli smartphone.
“Continuare a mantenere aggiornati e sicuri gli smartphone è nell’interesse di tutti e questa autorizzazione temporanea ci permette di continuare a fornire ai modelli esistenti aggiornamenti software e patch di sicurezza per i prossimi 90 giorni”, hanno fatto sapere da Google.
Qualcuno, però, sostiene che questa licenza temporanea non tocchi Google. “Occhio ragazzi, i giornali non capiscono che il periodo di grazia di 90 gg concesso a Huawei si riferisce solo a operatori telefonici USA clienti di Huawei, ma non ai fornitori come Google o Intel, per loro il rapporto con Huawei si è risolto stamattina! Bye bye Android”, ha twittato Alberto Forchielli, imprenditore e giornalista italiano.
IL COMMENTO DEL CEO
In queste ore, la questione è stata commentata anche da Richard Yu, ceo di Huawei Consumer Business Group, che ha dichiarato: “Difficile credere che gli Stati Uniti limitino i prodotti per gli utenti finali”.
ANCHE GLI USA CI PERDONO
Il divorzio tra gli Usa ed Huawei peserà anche sui conti di Washington, inevitabilmente. La società di Shenzen, infatti, principale fornitore mondiale di apparecchiature per le telecomunicazioni, oltre che il secondo produttore di smartphone al mondo, si rifornisce di alcuni componenti chiave proprio da alcune aziende americane.
Lo scorso anno, come riporta il Sole 24 Ore, Huawei ha acquistato componenti del settore tecnologico per 70 miliardi di dollari da 13.000 fornitori diversi.
MICROSOFT COME GOOGLE?
A seguire la scelta di Google potrebbe presto essere anche Microsoft, che nelle ultime ore avrebbe rimosso il MateBook X Pro, laptop di casa Huawei, dallo store ufficiale di Microsoft. A questo seguirà anche uno stop agli aggioranmenti all’installazione di Windows 10 sui device dell’azienda di Shenzen?
ANCHE IL GIAPPONE SI CONFORMA ALLA VOLONTA’ GIAPPONESE
E in tutto questo, c’è anche molto di più. Anche il Giappone, infatti, sembra conformarsi alla volontà americana. Kddi e SoftBank hanno annunciato che sospenderanno tutti gli ordini ricevuti dei nuovi modelli smartphone – il cui lancio era previsto a fine mese – fino a quando non verranno chiarite le questioni legate alla sicurezza delle reti e la regolare fornitura dei servizi per Android.
Quali scenari, ancora, si apriranno?